La previdenza complementare è una seconda pensione che integra quella che verrà erogata, nel momento del pensionamento, dall’ente pubblico. Obiettivo di questa forma di previdenza, la cui adesione è facoltativa, è dare una risposta al progressivo impoverimento della pensione pubblica frutto delle riforme degli ultimi anni. Difatti, l’attuale sistema di calcolo contributivo, esteso nei confronti di tutti i lavoratori con la riforma del 2011, non potrà infatti garantire rendite previdenziali adeguate ed in linea con gli ultimi stipendi percepiti.
L’attuale sistema di previdenza complementare si identifica in due distinte forme di adesione: quella collettiva, data tramite l’iscrizione ai fondi negoziali sindacali (che convengono per i bassi costi di gestione e per il contributo aggiuntivo a carico del datore di lavoro) e quella individuale, data tramite l’iscrizione a fondi di carattere assicurativo offerti dalle banche, assicurazioni, poste, etc.
> I nostri contributi vengono gestiti con un sistema finanziario a capitalizzazione, ossia i contributi versati oggi vengono investiti in un proprio ‘‘cassetto previdenziale individuale’’ che daranno frutto un domani ad un mix di rendita e/o capitale. Mentre con l’Inps, i nostri contributi, vengono gestiti con un sistema a ripartizione, ossia i contributi versati oggi, servono per pagare le pensioni e prestazioni attuali.
> Per beneficiare del vantaggio fiscale: i contributi versati al Fondo Pensione vengono dedotti dal reddito imponibile, entro il limite di € 5.164,57 annui (Ai lavoratori di prima occupazione successiva al 1° gennaio 2007, nel limite dei primi cinque anni di iscrizione ad un fondo pensione complementare, è consentito, nei venti anni successivi al quinto anno di iscrizione a tali fondi, dedurre dal reddito complessivo contributi eccedenti il limite di € 5.164,67 pari alla differenza tra l’importo di € 25.822,85 ed i contributi effettivamente versati nei primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari e comunque per un importo non superiore a € 2.582,29 annuo.)
> La tua posizione contributiva viene alimentata con il tuo TFR e, in aggiunta, solo se aderisci ad un fondo pensione, l’azienda versa un ulteriore quota a suo carico.
1 Entro sei mesi dalla data si assunzione, il lavoratore può decidere se destinare il proprio TFR maturando a forme di previdenza complementare (compilando gli appositi modelli e avendo cura di scrivere il fondo a cui si aderisce) o mantenerlo presso il datore di lavoro.
2 Nelle aziende con più di 50 dipendenti, se il lavoratore opta per mantenere il TFR in azienda, questo verrà obbligatoriamente versato al Fondo di Tesoreria gestito dall’Inps (Fondinps)
3 Nel caso in cui il lavoratore non esprima alcuna scelta nei tempi previsti, scatta il meccanismo del c.d. “silenzio assenso” e il datore di lavoro è tenuto a conferire la quota di TFR maturato dalla data di assunzione secondo la seguente lista di priorità:
1. alla forma pensionistica prevista dal Ccnl;
2. se assente o in presenza di più forme, al fondo nel quale abbia aderito il maggior numero di lavoratori dell’azienda;
3. se ancora non è possibile individuare il fondo, il TFR deve essere destinato al fondo residuale Fondinps.
Ci sono diversi fondi pensione a cui puoi aderire, a seconda del tipo di contratto applicato:
Fondo per i dipendenti di cooperative di trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici e lavorazione prodotti alimentari, per i dipendenti da cooperative e consorzi agrari, forestali (compresi i lavoratori dipendenti dall’Uncem), per i lavoratori addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale ed idraulicoagraria, e pesca.
Fondo pensione complementare riservato ai lavoratori dell’industria alimentare e dei settori affini (industria olearia e margariniera, industria dei sottoprodotti della macellazione, industria lattiero-casearia delle centrali del latte pubbliche, industria della panificazione, industria della lavorazione della foglia del tabacco secco allo stato sciolto, contoterzismo in agricoltura).
Fondo integrativo pensionistico per i lavoratori dipendenti occupati in Veneto nell’artigianato e nell’industria (Ccnl Confindustria e Ccnl Confapi) e per i lavoratori autonomi occupati in Veneto (artigiani autonomi, coltivatori diretti, Co.Co.Co., Co.Co.Pro., liberi professionisti con P.Iva senza cassa previdenziale, associati in partecipazione).